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domenica 8 settembre 2013

#6 Le Boudoir: intervista alle Pantere Velasca, duo rapper

Intervista a Filow Raine e Zoo del Rio, in arte Pantere Velasca, rappers


Mi ha sempre incuriosito il mondo del rap: soprattutto qui a Milano, dove pare che emergere sia più facile rispetto ad altre città italiane. Chi meglio delle Pantere Velasca per accompagnarci nel tour di questo mondo sommerso? Rapper milanesi con anni di esperienza alle spalle. Conosciamoli insieme!

Ciao ragazzi, benvenuti a Le Boudoir, il piccolo spazio che abbiamo aperto per le personalità emergenti. Grazie per aver accettato l’intervista: c’è molta curiosità su un mondo molto spesso sommerso per i non addetti ai lavori, quello del rap. Iniziamo subito:

  1. Le  info che abbiamo su di voi sono piuttosto stringate: che ne dite di presentarvi per quelli che ancora non vi conoscono?
Cominciamo col dire che oltre ad essere legati dalla musica e dal gruppo, siamo soprattutto due amici, due fratelli. Ci conosciamo ormai da dieci anni (se non di più!) e quello che ci ha uniti sin dall’inizio è la passione e il senso d’appartenenza verso la cultura hip hop. Quando eravamo più “pischelli” il rap in Italia non era il fenomeno mainstream che è al momento e quindi a sedici anni gli unici in compagnia che vestivano Karl Kani e pantaloni con 10 taglie in più rispetto alle nostre eravamo noi due.

  1. Parliamo un po’ del vostro percorso formativo: sappiamo che prima facevate parte di una formazione chiamata Fluido 4/4. Perché questo cambiamento?
Il pre-Pantere ha appunto il nome di Fluido 4/4, gruppo composto da noi due  con l'aggiunta al terzo microfono di Rajah e alle produzioni Dj Pitt. Il gruppo era nato verso il 2006 e nel 2008 pubblicammo un album dal titolo "Radici che non bruci", grazie al quale abbiamo avuto la possibilità di esibirci su moltissimi palchi in giro per l'Italia. Negli ultimi  anni abbiamo continuato a scrivere, registrare e pubblicare canzoni sotto il nome di Fluido 4/4, anche se del gruppo iniziale gli unici rimasti eravamo noi due. Quando la primavera scorsa abbiamo iniziato a raccogliere il materiale per lavorare ad un album, abbiamo sentito l’esigenza di darci un’identità unica, che fosse nostra. Per questo abbiamo deciso con molta difficoltà di morire come Fluido 4/4 e rinascere sotto il nome di Pantere Velasca.

  1. Com’è che si comincia? Come vi siete avvicinati a questo genere musicale?
Filow Raine: la prima volta che ho sentito del rap è stato quando mi hanno regalato una cassetta musicale registrata in casa e sopra erano incisi pezzi storici di gruppi come gli House of Pain, Cypress Hill e Public Enemy. È stato amore a prima vista, anzi a primo ascolto! Da lì in poi è stata una ricerca continua, avevo bisogno di sapere da dove arrivasse quel genere, cosa dicevano i rapper nei loro testi e cosa ci fosse dietro. Dietro c’era l’Hip-Hop, la cultura
Zoo del Rio: io mi sono avvicinato in maniera trasversale. Sono stato colpito in primis dai graffiti e le tag. Quando andavo a scuola l’autobus era pieno di tag, sempre fresche e sempre nuove e anche io volevo lasciare il mio nome. Così con alcuni compagni di scuola iniziammo a girare su tutti gli autobus e metro in zono, passando interi pomeriggi in giro, solo per lasciare una tag dopo l’altra. E’ stato quando ho conosciuto Filow che mi sono avvicinato alla scrittura e le rime.

  1. Quand’è che vi siete detti “Bene, questo è quello che voglio fare nella vita: il rapper”? C’è stato un episodio in particolare che vi va di ricordare insieme a noi?
Non esiste un episodio che ti fa dire ok, è questo che voglio fare. E’ la passione verso qualcosa che ti spinge a farlo. Se invece ci domandassi cosa ci spinge a continuare a farlo, beh, la risposta sarebbe semplice. La voglia di esprimersi, creare canzoni per descrivere e urlare quello che hai in testa in quel momento. Realizzare di fare qualcosa che rimane inciso per sempre.

  1. Pantere Velasca: un nome particolare. Ci spiegate da cosa deriva?
Cercavamo un nome che fosse unico, che per quanto potesse essere strano, potesse scatenare nelle persone l’interesse a dire ma che cazzo di nome è questo. Bene, questa unicità l’abbiamo trovata in Pantere Velasca. Per noi il nome del gruppo richiedeva un simbolo di forza, la Pantera, ed un simbolo della città da cui proveniamo e abbiamo preso in prestito Velasca, dalla Torre.

  1. Il 23 Maggio è uscito il vostro primo album, “Polvere al vento”: cosa ci avete messo in questo cd? A cosa si riferisce il titolo?
In questo album c’è tutta la passione che abbiamo nel fare questa cosa, il rap, la musica. Abbiamo curato ogni minima cosa, scrivendo i testi a 4 mani e scegliendo accuratamente le produzioni. Abbiamo concepito questo album partendo dal presupposto che doveva essere il nostro biglietto da visita al pubblico, e per questo doveva raccontare la nostra storia e le nostre esperienze.
Il titolo è stato scelto in corso d’opera. Polvere al Vento rappresenta la voglia di lasciare un segno di noi e del nostro passaggio in questa vita, perché polvere eravamo e polvere torneremo. E' anche una critica a chi perde l’intera vita alla ricerca del successo e di una qualche affermazione nella scala sociale e non si sofferma ad apprezzare le cose semplici della vita. Alla fine sono queste che contano. Se muori ricco ma senza nessuno amico al tuo fianco, hai vissuto inutilmente.

  1. Ogni disco di solito ha un target: qual è quello di questo album? A chi volete che arrivino le vostre tracce?
Bella domanda! Sicuramente il target di questo genere musicale sono ragazzi che vanno dai 13 ai 18 anni per lo più. Noi abbiamo cercato di scrivere qualcosa che arrivasse anche ai nostri coetanei, fare qualcosa che anche uno di 30 anni o 40 anni potesse ascoltare, per questo l’album ha delle tracce molto diverse tra loro, sia per tema affrontato nelle liriche sia per produzione musicale ma che nell’insieme è risultato amalgamarsi molto bene.

  1. Qual è  la traccia alla quale tenete maggiormente o meglio riuscita? Perché?
Filow Raine: personalmente sono legato a “Mani”. Il tema della canzone mi girava in testa da un bel po’ e quando l’ho proposto a Zoo gli è piaciuto molto. L’idea era quella di scrivere una canzone che parlasse dei gesti che una mano può compiere era un’idea. Il ritornello racchiude il senso della canzone stessa, dove vengono appunto analizzati i gesti che si possono compiere con le mani, da quelli più infimi e meschini (come usare violenza sulle donne), a quelli più innocenti come la carezza di una mamma al proprio figlio.
Zoo del Rio: per me Velasca, perché è una di quelle canzoni che se avessi sentito in radio avrei detto, Cazzo! Mi piace perché ha un sound più vecchia scuola.

  1. Complimenti per il simbolo scelto, una pantera: ha una grafica molto accattivante. Riprende la tecnica dell’old school tattoo art. C’è un qualche riferimento particolare o è una scelta puramente estetica?
Wow! Con questa domanda siamo stati colpiti e affondati. Dici bene, la tecnica del usata per il logo del gruppo ricorda molto la old school dei tattoo. Non a caso abbiamo scelto e cercato uno che secondo noi è tra i migliori e particolari tatuatori in Italia e stiamo parlando di Luca Font. Consigliamo vivamente a chiunque stia leggendo di cercare le sue creazioni. Grazie a lui siamo riusciti ad avere un logo che raffigurasse una Pantere ma che non fosse banale e che non riprendesse i tratti delle pantere dei movimenti politi e studenteschi o ancora peggio della police.
Il nome doveva essere unico così come il simbolo!

  1. Penso che ognuno nella propria vita abbia personalità importanti alle quali ispirarsi: chi ha ispirato voi? C’è una traccia o una canzone che ripercorre la vostra vita?
Filow Raine: Nas nella canzone N.Y. State of Mind diceva così: “I never sleep, cause sleep is the cousin of death”. Questa frase mi ha folgorato, tanto da essermela tatuata sul braccio. Non posso dormire, perché se dormissi morirei. Quando sono giù, quando qualcosa non va, mi ritornano in mente queste parole e mi motivano a fare sempre di più.
Zoo del Rio: lo sai, noi sogniamo libertà ma alla fine siamo in gabbia esce la rabbia. Non sai, se siamo tutti figli del destino o se il destino te lo fai. Questa lo diceva Inoki nella sua canzone “In Volo” e si spiega da sola.

  1. Parlateci un po’ della scena rap milanese attuale: com’è? E’ difficile emergere in una realtà del genere?
Al momento la scena è bella attiva, escono sempre cose nuove e volti nuovi, qualcosa di figo e altre cose che sono delle cagate, a Milano così come in tutta Italia. Molto spesso si pensa che se sei di Milano hai molte più possibilità di emergere ma in realtà non è così perché c’è molta più concorrenza e contano molto le amicizie e le leccate di culo.  

  1. Quali sono i progetti attuali/futuri?
Stiamo lavorando ad un ep da mattere in freedownload per la fine dell’anno e c’è in cantiere un secondo album ma non sveliamo niente.

  1. Che consigli dareste ai ragazzi che vogliono avvicinarsi a questo genere musicale?
L’unico consiglio che ci sentiamo di dare è di ascoltare quanta più roba possibile e cercare di creare una propria identità nel flow

  1. Domanda di rito per gli intervistati di Born to be Wilde: libro preferito? Perché?
Filow Raine: Conversazione in Sicilia di E. Vittorini è sicuramente il mio libro preferito, perché affronta il time del “viaggio” nel senso più profondo del termine.
Zoo del Rio: confesso di non essere un grande lettore, posso dirti che mi piacciono molto i romanzi di Edward Bunker.

  1. Il sogno nel cassetto?
Filow Raine: Vivere facendo musica.
Zoo del Rio: Non dover lasciare i sogni nel cassetto.

  1. Dove sarete tra 10 anni?
Filow Raine: sicuramente a New York
Zoo del Rio: se Filow mi ospita sarò anche io a New York. Ahahahahahaha!

  1. Salutateci con una strofa del vostro album:
Siamo polvere al vento, nulla di più di questo,
Polvere al vento, non si può vivere in eterno.
Siamo nati per lasciare un segno, come le stelle nel firmamento

Siamo polvere lasciata al vento.

E anche per oggi è tutto: vi lascio con il singolo "12 rintocchi". Enjoy!




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